“tutti gli artefatti umani, il linguaggio, le leggi, le idee e le ipotesi, gli strumenti, il vestiario e i computer, sono estensioni del corpo umano” , e quando in questi strumenti è insito un nuovo tipo di urbanità, allora questa si incarna nel nostro corpo. Con l’introduzione di Tinder, il ruolo delle città, delle discoteche, delle saune e di tutti i luoghi utilizzati come spazi di negoziazione sessuale si è spostato in quelle pratiche di interazione che combinano spazi online e offline. Gli uffici, gli aeroporti, le palestre, le sale d’attesa dei dentisti sono diventati luoghi dove la ricerca sessuale è diventata un modo per uccidere il tempo. L’intero mondo si è trasformato in un potenziale spazio di incontro romantico. La specificità di azione ed interazione, come per esempio la ricerca di partner, che le persone ricercavano e trovavano nei vari spazi della città e nella sua urbanità si è trasferita negli smartphone e quindi agli individui stessi. Questa specificità si riduce nella sua componente urbana fisica e si sposta dalla configurazione delle città al modo in cui ogni individuo gestisce i propri profili per diventare disponibile online. La creazione e la cura dei propri profili non è infatti qualcosa che viene fatto per nutrire la propria vanità, ma è un’azione fondamentale per entrare a far parte dell’interazione online. E’ un atto di urbanità, esattamente come dare l’acqua alle piante sul balcone o non gettare la spazzatura per strada. E’ un modo per emergere nello spazio collettivo dei social media o delle app di incontro e per contribuire alla creazione di uno spazio comune.